La compagnia aerea non è obbligata a risarcire il passeggero che dichiara di avere subito lesioni a causa di un atterraggio “duro”, poiché tale accadimento non può essere qualificato come incidente imprevisto se sono rispettate le migliori pratiche nel settore.
Questo è quanto stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa C-70/20 con la quale hanno inteso chiarire la corretta interpretazione dell’articolo 17 della Convenzione di Montreal del 1999 sull’unificazione di alcune norme sul trasporto aereo internazionale, che prevedono la responsabilità del vettore nelle ipotesi in cui l’evento che provoca la lesione si è prodotto a bordo dell’aeromobile o nel corso di operazioni di imbarco o sbarco.
I fatti che hanno condotto a tale chiarimento interpretativo consistono in una richiesta di risarcimento avanzata da un passeggero che, a causa dell’atterraggio qualificato come duro, aveva riportato un’ernia e, quindi, pretendeva un indennizzo quantificato in 68mila euro. I giudici nazionali austriaci avevano respinto la richiesta e, prima di decidere in via definitiva, hanno chiesto definitiva interpretazione ai “giudici europei”. Per la Corte di giustizia, le procedure operative devono rispettare, in linea con la Convenzione, quanto previsto nel documento di aeronavigabilità, nel manuale di volo nonché dalle migliori pratiche in questo campo. Questo vuol dire che poco importa la percezione del passeggero sulla imprevedibilità di un evento perché ciò che conta sono le circostanze oggettive. L’imprevedibilità, infatti – scrive la Corte – non dipende dalle conseguenze subite da un passeggero o dalla sua percezione perché, in caso contrario, si estenderebbe «irragionevolmente la nozione stessa a detrimento dei vettori aerei». È vero che la Convenzione punta a tutelare l’interesse dei passeggeri, garantendo un equo risarcimento attraverso una forma di responsabilità oggettiva, ma preservando «il giusto equilibrio degli interessi» dei vettori aerei e dei passeggeri. Se i requisiti tecnici relativi al velivolo sono rispettati e se il vettore segue le procedure operative e tiene conto della dimensione, della pendenza e dello stato dell’area di decollo o di destinazione, comprese «le tolleranze e i margini previsti riguardanti i fattori incidenti in modo significativo sull’atterraggio», non si può qualificare un “atterraggio duro”, per quanto improvviso o inatteso, come incidente aereo anche se è «percepito da taluni passeggeri come più duro di quello da essi atteso». Tanto più che, come sottolineato dai giudici nazionali, la natura montuosa dell’ambiente in cui l’aeroporto era collocato richiedeva, per ragioni di sicurezza, proprio quel tipo di atterraggio.
Sebbene quindi l’Unione Europea prediliga sempre la tutela dei passeggeri per i casi di risarcimento del danno e rimborsi, in questo caso ha constatato una totale assenza di responsabilità da parte del vettore aereo che ha effettuato un atterraggio che ha poi condotto a un importante infortunio.